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Gli ultimi giorni di padre Paolo dall’Oglio nella città di Al – Raqqa

Al – Raqqa, post di Iyas Dhes
Sono passati quattro anni da quando padre Paolo Dall’Oglio è stato rapito dall’Isis nella città di Al – Raqqa, il 29 luglio 2013. Da quel giorno si sono susseguite numerose notizie contraddittorie sulla sorte del sacerdote, il cui rapimento rappresenta una grossa perdita per il popolo siriano e la sua rivoluzione. Padre Paolo si era, infatti, subito schierato dalla parte della rivoluzione stessa, opponendosi alla tirannia, all’ingiustizia e alla dittatura, e adoperandosi per aiutare i siriani ovunque si trovassero.

Sin dall’inizio padre Paolo ci raccontava le vessazioni che subiva da parte del regime, per avere scelto di schierarsi a fianco dei siriani e di sostenere la loro rivoluzione contro appunto questo regime criminale. Questa sua posizione gli è costata l’espulsione dalla Siria.

Padre Paolo era andato ad Al – Raqqa, dopo la liberazione della città nel 2013, e durante la visita ha incontrato molti attivisti e cittadini comuni. Si riuniva con loro per strada e nei caffè, parlava, li ascoltava e discuteva riguardo al futuro della città e della rivoluzione. Ha anche incontrato il consiglio degli ulema, allora diretto dallo scrittore Ismail Allaji, nonché i membri dell’ufficio politico di Ahrar Al Sham. Le discussioni vertevano sulla possibilità di unire i vari gruppi rivoluzionari per affrontare il regime. L’obbiettivo principale della sua visita era di incontrare Abu Bakr Al Bagdadi per chiedere informazioni sulle sorti dei cristiani a Raqqa, dopo la crescente influenza dell’Isis nella città, nonché sulle sorti degli attivisti rapiti fra cui Firas Al-Haj Saleh. Questo è quanto ci ha raccontato padre Paolo.

La prima visita di padre Paolo è avvenuta nel mese di Ramadan. Trascorreva la maggior parte del tempo a casa nostra, facendo il digiuno insieme noi e leggendo ogni tanto il Corano, benché le persone che solitamente frequentava fossero perlopiù musulmani che non osservavano il digiuno stesso. Ricordo che la prima volta che venuto da noi, ha chiesto dove fosse la padrona di casa?! È arrivata mia madre che lo ha salutato, e lui le ha chiesto se stesse osservando il digiuno. Lei gli ha risposto: “Certamente”. Allora lui è subito uscito; e dopo quasi mezz’ora è tornato con un sacchetto di dolci da regalare a mia madre.

Siamo andati con padre Paolo a fare un giro sul Eufrate, accompagnati in macchina dal dottore Muhammad Al- Haj Saleh. Quando ha visto la gente che faceva il bagno ha detto: “Questo fiume è sacro”.

Il 28 luglio 2013, padre Paolo si è recato alla sede principale dell’Isis, stabilita nel palazzo del Governatorato. È rimasto davanti al portone, dove ha chiesto di potere incontrare il responsabile o l’emiro. È nata una discussione con alcuni membri dell’organizzazione, uno dei quali gli ha detto: “Vieni stasera! Così potrai incontrare l’emiro”. Padre Paolo si è, infatti, ripresentato la sera stessa; ma allora gli hanno detto di tornare il giorno dopo alle 13.00. Nonostante le nostre insistenti raccomandazioni di non andare là, lui ci andava. Tutto ciò perché voleva aiutare la gente e credeva profondamente in quello che faceva.

Il 29 luglio 2013, il giorno stesso del suo rapimento, padre Paolo era a casa nostra. Si è raccomandato a mio padre, dicendo: “Se non torno entro tre giorni, divulga la notizia”. Noi gli abbiamo risposto a mo’ di augurio che non gli sarebbe successo niente di male e che ci saremmo rivisti presto. Non dimenticherò mai lo sguardo che aveva negli occhi, mentre ci salutava. Sentivo che aveva paura quella volta, ma non so perché. Non pensavamo che non sarebbe tornato. Quel giorno si preparava il pasto serale della rottura del digiuno nella casa di un capo famiglia proprio in onore di padre Paolo.

Ha lasciato tutti i suoi affetti personali da noi. Siamo riusciti a portarne solo una parte fuori da Raqqa per consegnarli al consolato italiano a Gaziantep [Turchia] tramite il sig. Khalaf Al-Jarboh. L’altra parte consisteva in una valigia di vestiti che recava il nome di padre Paolo. Non l’abbiamo potuta portare fuori dalla città a causa dei numerosi posti di blocco dell’Isis e dei rigidi controlli dei documenti personali che i miliziani dell’organizzazione effettuavano. Sapevano che padre Paolo passava la maggiore parte del suo tempo a casa nostra. Quindi, abbiamo nascosto la valigia in soffitta, ma è stata sequestrata dall’Isis in seguito.

Padre Paolo era a casa nostra, aspettando di recarsi all’incontro previsto con l’emiro dell’Isis ad Al – Raqqa; e quando si è avvicinata l’ora dell’appuntamento, è uscito dalla stanza degli ospiti per andare nel cortile, dove si è messo a camminare e pensare da solo in silenzio, finché non si è fermato davanti alla porta. Io e mio padre lo abbiamo salutato lì. Poi lui è salito nella macchina del Dottor Muhammad al-Haj Salih che doveva portarlo alla sede del Governatorato. Ma padre Paolo ha voluto a tutti costi scendere prima. Temeva che i membri dell’Isis facessero del male al medico. Padre Paolo si è incamminato verso il quartiere generale dell’organizzazione armata; e da quel momento non abbiamo più saputo nulla di lui.

Dopo tre ore da quando ci aveva lasciato, le persone riunite per aspettare che tornasse hanno deciso di inviare due di loro per chiedere sue notizie nella sede dell’Isis. Infatti, siamo andati Qussay al-Huwaidi ed io, e giunti alla porta della sede dell’organizzazione abbiamo chiesto di incontrare l’emiro. Ci hanno condotto nel sotterraneo dove ci siamo seduti in un corridoio ad aspettare. Dopo cinque minuti è arrivato un uomo che credo fosse l’emiro del fronte orientale. Portava una cintura esplosiva e aveva una scorta di miliziani che puntavano le armi direttamente contro di noi. Abbiamo detto all’emiro: “Un uomo di nome Paolo è venuto da voi e poi è scomparso”. L’emiro ci ha risposto che non l’aveva visto né sapeva niente di lui. A quel punto non potevamo fare altro che tornare a casa frustrati. Non abbiamo aspettato i tre giorni, abbiamo denunciato subito il rapimento di padre Paolo. La sparizione di questo uomo nobile era ed è tuttora una grave perdita per la rivoluzione e per il popolo siriano, un uomo che cercava di seminare l’amore reciproco fra le persone affinché si aiutassero gli uni gli altri.

Non ci sono notizie certe sul destino di padre Paolo, del fratello e dell’amico Paolo. Qualcuno dice che è stato ucciso subito dopo essere entrato nella sede dell’Isis e che l’assassino è stato poi punito per avere commesso questo crimine senza l’ordine dei suoi superiori. Altri dicono che era con altri detenuti, tra cui Firas al-Haj Salih e il medico Isma’il al-Hamid, in una prigione dentro la diga sull’Eufrate. Altri ancora sostengono che sia stato giustiziato qualche giorno dopo la sua cattura. In conclusione, non ci sono notizie sicure su quello che è accaduto a Padre Paolo. Noi aspettiamo il suo ritorno e quello di tutte le altre persone rapite, imprigionate e sparite nelle tenebre delle carceri dell’Isis.


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